Aneddoti insoliti e fatti di cronaca spicciola: tutto quello che
avreste voluto sapere sui grandi della musica e non avete mai osato
chiedere....o anche, più semplicemente, notizie oziose che
ignoravate di ignorare!
Lo sapevate che......
......Isabella d'Este fece riprodurre sulle pareti della sua camera la chanson di Ockeghem: "Prenez sur moi votre exemple amoreux", tanto ne era affascinata?
Johannes Ockeghem, al servizio dei Re di Francia dal 1452, fu il principale esponente della seconda generazione di musicisti fiamminghi; tra gli altri ebbe come alunno Josquin Des Prez. Fu uno dei pochi musicisti fiamminghi che non giunsero mai in Italia.
Isabella d’Este, figlia di Ercole d’Este duca di Ferrara (e sorella di Beatrice d’Este, sposa di Ludovico Sforza, duca di Milano), all’età di sedici anni sposò Francesco II Gonzaga, divenendo duchessa di Mantova. Donna di grande cultura, musicista lei stessa, fu mecenate di molti musicisti, tra cui Josquin Des Prez, Bartolomeo Tromboncino e Marchetto Cara. Quest’ultimi due sono i musicisti che hanno legato il proprio nome alla forma musicale della frottola.
Isabella d’Este, figlia di Ercole d’Este duca di Ferrara (e sorella di Beatrice d’Este, sposa di Ludovico Sforza, duca di Milano), all’età di sedici anni sposò Francesco II Gonzaga, divenendo duchessa di Mantova. Donna di grande cultura, musicista lei stessa, fu mecenate di molti musicisti, tra cui Josquin Des Prez, Bartolomeo Tromboncino e Marchetto Cara. Quest’ultimi due sono i musicisti che hanno legato il proprio nome alla forma musicale della frottola.
.....Orlando di Lasso, da bambino, fu rapito tre volte?
Orlando di Lasso fu il
principale rappresentante della quinta generazione di fiamminghi
(seconda metà del XVI secolo). Ebbe una vita molto avventurosa: da
bambino fu rapito tre volte, su commissione di qualcuno che,
conquistato dalla bellezza della sua voce, desiderava averlo tra i
propri cantori. Ritrovato due volte, aveva solo otto anni quando al
terzo tentativo, consenzienti i genitori, seguì Ferrante Gonzaga,
Vicerè di Sicilia, prima a Parigi, poi a Palermo e quindi Milano.
Qui risedette tre anni, trascorsi i quali si trasferì a Napoli e
quindi a Roma, dove divenne maestro di cappella nella basilica di S.
Giovanni Lateranense. Infine si trasferì a Monaco di Baviera, dove
visse fino alla morte. Prestò servizio presso Alberto V di
Wittelsbach e successivamente Guglielmo V, inframmezzando nel
contempo continui viaggi in Europa.
.....Palestrina fu scacciato dalla Cappella Pontificia propter imbecillitatem vocis?
Ebbene sì, il grande Palestrina, anche chiamato “princeps musicorum”, con l’appellativo che prima di lui era stato di Josquin, il 30 Agosto 1555 fu licenziato dalla Cappella Pontificia “propter imbecillitatem vocis”, ossia per inadeguatezza vocale. Fu un duro colpo per il musicista. La sua nomina a cantore della cappella pontificia avveniva pochi mesi prima, nel gennaio dello stesso anno, su espresso mandato del papa allora vigente, Giulio III. Palestrina era, all’epoca, nonostante la giovane età, uno dei musicisti più illustri di Roma e pertanto appare logico che il Papa lo abbia voluto tra i propri cantori. Tuttavia, è necessario sottolineare che egli non sostenne per entrare alcun esame, contrariamente a quanto era previsto, e che nella cappella pontificia non vi era nessun posto vacante, anzi, il numero dei cantori, che non avrebbe dovuto essere superiore a ventiquattro, era già in eccesso di otto membri. Per questi motivi, è assai probabile che egli fosse piuttosto inviso agli altri cantori.
Giulio III, al secolo Giovanni Maria del Monte, prima di venir nominato Papa al posto del defunto Paolo III, era stato vescovo di Palestrina. Possiamo immaginare, quindi, che egli nutrisse una particolare simpatia per il musicista suo concittadino. Sfortunatamente per il nostro Palestrina, il 23 Marzo 1555 Giulio III morì; gli succedette Marcello II, che a sua volta morì dopo solamente tre settimane, quindi salì al soglio pontificio Paolo IV, al secolo Giovanni Pietro Carafa. Questi, preoccupato dalla situazione di grave degrado morale in cui verteva la Chiesa in quei tempi, mise in atto diversi provvedimenti nel tentativo di riportare l’ordine, tra cui l’emanazione di un Motu Proprio con cui si vietava ai musicisti che fossero sposati (come per l'appunto il celebre compositore), di prestare servizio presso la cappella pontificia. La recitazione dei canti liturgici, infatti, tradizionalmente rientrava tra funzioni sacerdotali.
Così Palestrina si vide estromesso, assieme a due colleghi, da quella che era la massima istituzione musicale dell’epoca. Quel che è peggio, benché fosse a tutti chiaro che le motivazioni di tale disposizione fossero di ordine morale, ufficialmente venne addotto come pretesto l'umiliante “propter imbecillitatem vocis”...ed è probabile che nel sommare la beffa al danno vi sia stato lo zampino di qualche cantore invidioso.
I musicisti licenziati continuarono a percepire una pensione di sei scudi mensili, che era una somma considerevole, benché fosse solo un terzo di quanto percepivano come cantori della cappella pontificia. comunque un artista della levatura di Palestrina non poteva rimanere “disoccupato” a lungo: il mese successivo assunse la direzione di S. Giovanni Lateranense.
Giulio III, al secolo Giovanni Maria del Monte, prima di venir nominato Papa al posto del defunto Paolo III, era stato vescovo di Palestrina. Possiamo immaginare, quindi, che egli nutrisse una particolare simpatia per il musicista suo concittadino. Sfortunatamente per il nostro Palestrina, il 23 Marzo 1555 Giulio III morì; gli succedette Marcello II, che a sua volta morì dopo solamente tre settimane, quindi salì al soglio pontificio Paolo IV, al secolo Giovanni Pietro Carafa. Questi, preoccupato dalla situazione di grave degrado morale in cui verteva la Chiesa in quei tempi, mise in atto diversi provvedimenti nel tentativo di riportare l’ordine, tra cui l’emanazione di un Motu Proprio con cui si vietava ai musicisti che fossero sposati (come per l'appunto il celebre compositore), di prestare servizio presso la cappella pontificia. La recitazione dei canti liturgici, infatti, tradizionalmente rientrava tra funzioni sacerdotali.
Così Palestrina si vide estromesso, assieme a due colleghi, da quella che era la massima istituzione musicale dell’epoca. Quel che è peggio, benché fosse a tutti chiaro che le motivazioni di tale disposizione fossero di ordine morale, ufficialmente venne addotto come pretesto l'umiliante “propter imbecillitatem vocis”...ed è probabile che nel sommare la beffa al danno vi sia stato lo zampino di qualche cantore invidioso.
I musicisti licenziati continuarono a percepire una pensione di sei scudi mensili, che era una somma considerevole, benché fosse solo un terzo di quanto percepivano come cantori della cappella pontificia. comunque un artista della levatura di Palestrina non poteva rimanere “disoccupato” a lungo: il mese successivo assunse la direzione di S. Giovanni Lateranense.