Il madrigale
Il madrigale consta di una forma
musicale particolarmente diffusa in Italia nel periodo a cavallo tra
Rinascimento e Barocco. Il madrigale cinquecentesco, da non
confondersi con quello trecentesco, di cui conserva solo il nome,
deriva dalla frottola: come
questa, ha inizialmente struttura a quattro voci e andamento
omoritmico. Sin dall’inizio, però, si differenzia dalla frottola
per la forma aperta, presupposto fondamentale per quella perfetta
adesione tra musica e testo che è una delle caratteristiche salienti
del madrigale. Il madrigale nella sua forma matura è a cinque voci e
accoglie strutture imitative.
Tipicamente è di argomento amoroso; tuttavia esistono anche madrigali di contenuto religioso, come i madrigali spirituali scritti da Palestrina (si tratta di due volumi, di cui uno è formato da otto stanze della “Canzone della Vergine” di Petrarca, mentre l’altro contiene un “Priego alla Vergine” di trenta strofe).
La principale caratteristica del madrigale è una perfetta aderenza della musica al testo. Per esempio, nel celebre madrigale di Luca Marenzio (1554 – 1599) su testo di Petrarca, intitolato “Solo e pensoso”, la voce acuta si distacca dalle altre, a rendere la solitudine espressa dal poeta, e si muove lentamente in senso ascendente e discendente per semitoni.
Quando la musica descrive una parola, ciò si definisce per l'appunto madrigalismo. Immaginiamo, per esempio, che sulla parola “salire” si trovi una scala ascendente e, allo stesso modo, sulla parola “scendere”una scala discendente: ecco un tipico esempio di madrigalismo. Si capisce che un così stretto rapporto tra musica e testo ha come presupposto il superamento della forma chiusa, termine col quale si intende una struttura musicale vincolata alla ripetizione di schemi ben precisi. Per indicare la struttura libera del madrigale si utilizza il termine di “forma aperta”.
I primi compositori furono due fiamminghi: Philippe Verdolt e Jacob Arcadelt, quest’ultimo autore del madrigale più famoso del primo Cinquecento, “Il bianco e dolce cigno”. Verso la metà del Cinquecento, con Cipriano de Rore, le voci aumentarono a cinque e la struttura cessò di essere esclusivamente omoritmica. Il già citato Marenzio e Gesualdo appartengono ad un periodo successivo.
Marenzio, a cui fu dato l’appellativo di “il cigno più dolce d’Italia”, si fa apprezzare in particolar modo per la cantabilità e l’eleganza delle sue composizioni. Totalmente diverso lo stile di Gesualdo (Carlo Gesualdo principe di Venosa), in cui un uso esasperato di dissonanze e cromatismi rende un forte senso drammatico.
Nella storia del madrigale possono essere individuati tre periodi: un periodo iniziale, in cui spiccano i nomi di Verdolt e Atcadelt, quando il madrigale ha ancora struttura omoritmica; un periodo intermedio, dominato dalla figura di Cipriano de Rore, con il quale il madrigale acquisisce la sua forma matura; infine un terzo periodo, in cui spiccano le figure di Marenzio e Gesualdo.
Tipicamente è di argomento amoroso; tuttavia esistono anche madrigali di contenuto religioso, come i madrigali spirituali scritti da Palestrina (si tratta di due volumi, di cui uno è formato da otto stanze della “Canzone della Vergine” di Petrarca, mentre l’altro contiene un “Priego alla Vergine” di trenta strofe).
La principale caratteristica del madrigale è una perfetta aderenza della musica al testo. Per esempio, nel celebre madrigale di Luca Marenzio (1554 – 1599) su testo di Petrarca, intitolato “Solo e pensoso”, la voce acuta si distacca dalle altre, a rendere la solitudine espressa dal poeta, e si muove lentamente in senso ascendente e discendente per semitoni.
Quando la musica descrive una parola, ciò si definisce per l'appunto madrigalismo. Immaginiamo, per esempio, che sulla parola “salire” si trovi una scala ascendente e, allo stesso modo, sulla parola “scendere”una scala discendente: ecco un tipico esempio di madrigalismo. Si capisce che un così stretto rapporto tra musica e testo ha come presupposto il superamento della forma chiusa, termine col quale si intende una struttura musicale vincolata alla ripetizione di schemi ben precisi. Per indicare la struttura libera del madrigale si utilizza il termine di “forma aperta”.
I primi compositori furono due fiamminghi: Philippe Verdolt e Jacob Arcadelt, quest’ultimo autore del madrigale più famoso del primo Cinquecento, “Il bianco e dolce cigno”. Verso la metà del Cinquecento, con Cipriano de Rore, le voci aumentarono a cinque e la struttura cessò di essere esclusivamente omoritmica. Il già citato Marenzio e Gesualdo appartengono ad un periodo successivo.
Marenzio, a cui fu dato l’appellativo di “il cigno più dolce d’Italia”, si fa apprezzare in particolar modo per la cantabilità e l’eleganza delle sue composizioni. Totalmente diverso lo stile di Gesualdo (Carlo Gesualdo principe di Venosa), in cui un uso esasperato di dissonanze e cromatismi rende un forte senso drammatico.
Nella storia del madrigale possono essere individuati tre periodi: un periodo iniziale, in cui spiccano i nomi di Verdolt e Atcadelt, quando il madrigale ha ancora struttura omoritmica; un periodo intermedio, dominato dalla figura di Cipriano de Rore, con il quale il madrigale acquisisce la sua forma matura; infine un terzo periodo, in cui spiccano le figure di Marenzio e Gesualdo.